San Paolo della Croce

Nato a Soriano nel 1549, Francesco è stato un compositore italiano di assoluto valore. Come molti suoi contemporanei dai natali non illustri, prese il nome dal luogo d’origine. Adolescente, si trasferì a Roma, ove a 15 anni è enumerato tra i “putti cantori” della cappella musicale di San Giovanni in Laterano.Negli anni seguenti fu alla scuola, prima di Giovanni Maria Nanini, poi dello stesso Giovanni Pierluigi da Palestrina, del quale è considerato fra i migliori discepoli. Dopo un periodo a Mantova alla corte dei Gonzaga (1583-4), ebbe la direzione di alcune fra le principali cappelle romane del tempo: San Luigi dei Francesi (1581), una delle cappelle di Santa Maria Maggiore (1587), S. Giovanni in Laterano (1589). Dopo una breve parentesi nel duomo di Tivoli, nel 1603 era di nuovo a Roma come maestro della cappella Giulia di San Pietro in Vaticano, ove rimase fino al 1620, quando fu pensionato “con il godimento dell’intero assegno” e, quindi, sostituito dal maestro Vincenzo Ugolini da Perugia. Morì a Roma nel 1621.

LA MISSIONE A S. EUTIZIO

Il santuario di Sant’ Eutizio fu custodito inizialmente dai monaci Benedettini di S. Lorenzo fuori le mura, più tardi da elementi del clero locale. Nel momento in cui questo santuario cominciò a versare nell’abbandono, fu per lo zelo del Cardinale Alessandro Albani, che in quel periodo si trovava in villeggiatura a Soriano, che sorse l’idea di destinare il convento di Sant’Eutizio ai Padri Passionisti, di cui aveva ammirazione e di cui sentiva parlare con benevolenza in quelle terre mentre erano in missione a Vetralla. L’Albani, sentendo i magnifici elogi dei nuovi apostoli della Croce (Paolo e i suoi compagni), credette di vedere in essi degli inviati dal cielo per continuare in questo santo luogo l’opera degli apostoli. Tornato a Roma, il Cardinale prese le più ampie informazioni presa l’abate Garagni, comunicò il suo disegno al fratello Annibale, Cardinale anch’esso e camerlengo di Santa Romana Chiesa, che applaudì alla scelta. Tornò dall’abate Garagni e decise la fondazione all’insaputa dello stesso Paolo. I due Cardinali ottennero da Benedetto XIV quanto desideravano. In data 11 dicembre 1743, il Card. Valenti, dopo avere già scritto al Governatore di Soriano, scrisse pure a Mons. Varrò, vescovo di Orte e Civita Castellana, dicendogli che nella chiesa di S. Eutizio, essendo partiti i preti secolari che avevano fatto tanto bene, vi fossero stabiliti, a nome di S. Santità, i sacerdoti della nuova Congregazione della Passione di nostro Signore. L’abate Garagni si affrettò a scrivere a San Paolo della Croce, pregandolo di venire al più presto a Roma per affari importanti. Paolo partì dopo aver celebrato la festa di Natale con i suoi figli. E mentre si aspettava di trovare altre difficoltà per i suoi progetti di fondazione, apprese con riconoscente meraviglia le favorevoli disposizioni dei Cardinali Albani per la fondazione di S. Eutizio.

INAUGURAZIONE DEL SANTUARIO

Era il marzo del 1744. San Paolo accompagnato da tre dei suoi figli si recò al santuario di S. Eutizio, affidandone la direzione al P. Marco Aurelio, di cui già conosciamo la virtù. Nel momento in cui Paolo venerava la tomba del glorioso Martire, la pietra sulla quale l’Eroe della fede offriva ordinariamente il divin sacrificio, stillò in abbondanza la manna prodigiosa e nello spazio toccato dalla mano del Passionista, se ne videro scaturire cinque gocce di straordinaria grossezza, brillanti come perle. Con questo prodigio il Santo Martire pareva volesse fare festosa accoglienza a coloro che venivano a stabilire la loro dimora vicino a lui per prepararsi a predicare quella fede ch’egli aveva suggellato col sangue. Anche la famiglia Albani ne rimase soddisfatta e fu tanta la benevolenza per la Congregazione dei Passionisti, che non cessò più di colmarla di benefici.

Nasce a Soriano nel Cimino il 20 febbraio 1844, figlio di Rosa Panunzi e di Anacleto, governatore baronale nel feudo Chigi dal 1839. Nel 1848, in seguito alla rinuncia dei prìncipi al diritto di giurisdizione, il padre di Ernesto ottiene la nomina a governatore pontificio e contestualmente si trasferisce, con la famiglia, prima nelle Marche, e poi nella provincia bolognese. Docente, ricercatore e organizzatore culturale non solo nell’ambito specifico degli studi linguistici e filologici romanzi, ma più largamente sull’intera gamma delle discipline afferenti agli studi storici sul Medioevo latino, esercitò una grande influenza sulla vita culturale dell’ultimo quarto del XIX secolo, ben al di là dei confini italiani. In particolare, i suoi studi hanno coinvolto alcuni grandi settori quali la filologia italiana e romanza, la linguistica, la paleografia e gli studi storici. Filo rosso della sua ricca produzione sarà sempre l’attenzione al dato documentario sia ai fini della ricostruzione dei testi sia come recupero di preziosi tasselli storici da proiettare sulla fondazione di un’idea di patria. Soriano ha dedicato all’insigne studioso il complesso scolastico cittadino oltre che una via principale del paese. Il Monaci morì a Roma 1 maggio 1918.

LE INIZIATIVE CULTURALI

Grande promotore culturale, aperto a contatti con i più grandi studiosi italiani, europei e americani, diede vita ad una serie di iniziative tra cui:
– la Società romana di storia patria (1876), fondata per «pubblicare documenti illustrativi della storia della città e provincia di Roma in tutti i suoi rapporti dalla caduta dell’Impero alla fine del secolo decimottavo con relativo Bollettino annuale di studi e memorie»;
– l’Istituto storico italiano (1883), poi denominato, dal 1934, Istituto storico italiano per il Medio Evo, avviato su incarico dell’allora ministro dell’Istruzione, per dare «unità e sistema alla pubblicazione de’ Fonti di storia nazionale»;
– la Società filologica romana (1901), costituita per promuovere studi ed edizioni di testi in ambito mediolatino e romanzo;
– la Rivista di filologia romanza (1870), tra le più interessanti iniziative promosse da Ernesto Monaci, avviata con lo scopo di dare vita alla prima rivista italiana specificamente dedicata agli studi romanzi, disciplina allora assente nel sistema universitario italiano. Il periodico, interrotto nel 1876, riappare nel 1878, con il titolo di Giornale di filologia romanza (fino al 1883), poi trasformato in Studj di filologia romanza (1885-1903), condiretto da Cesare De Lollis, e infine, dal 1903, in Studj romanzi.