Pierpaolo Pasolini
Scrittore, regista, poeta, Pasolini trovò a Chia, piccolo borgo del Comune di Soriano, quel luogo speciale, dalla storia millenaria e dalla natura quasi incontaminata, scintilla più volte della sua creatività ed ispirazione. È un mondo unico, talvolta umido e nebbioso, quanto romantico e misterioso, dove la realtà cede facilmente all’immaginazione. Come il ruscello che passa sotto Chia per scorrere verso quel che rimane del Castello di Colle Casale, diventato per Pasolini il fiume Giordano dove Gesù fu battezzato. Fu questa la trasposizione cinematografica che Pasolini fece di quei luoghi nel Vangelo secondo Matteo, uno dei suoi massimi capolavori, che suscitò non poche contestazioni. In quell’occasione Pasolini scoprì la Torre di Chia, di cui subito si innamorò e che decise di acquistare, anche se ciò gli riuscì solo qualche anno dopo (1970). Era allora, ed è ancora, un luogo così ricco di storia e di fascino che il regista non poteva non rimanerne attratto, forse spinto dal desiderio di una vita diversa, più rilassata. Pasolini costruì qui, ai piedi della Torre, una casetta (ancor oggi rimasta intatta) con grandi vetrate che guardano all’esterno. Negli ultimi tre anni della sua vita visse a tempo pieno a Chia, lavorando ad un romanzo Petrolio (Einaudi), rimasto incompiuto. Erano momenti questi in cui era facile incontrare per le vie di Chia alcuni tra i più grandi personaggi del mondo della cultura italiana ed internazionale. Da Alberto Moravia a Maria Callas, e poi ancora Ninetto Davoli, Laura Betti, Dacia Maraini e tantissimi altri. Purtroppo, però, nel pieno di un autunno cupo e triste, dopo essere rientrato da un viaggio a Parigi – era la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 – Pier Paolo Pasolini veniva assassinato. Ma la sua visione del mondo, il suo patrimonio culturale, il suo spirito vive ancora nella maggior parte delle persone che si sono schierate in difesa dell’Arcionello. Pasolini ha amato veramente la Tuscia, senza lamentarsi di aver sottratto tempo ai suoi impegni personali: instaurò un rapporto proficuo con il territorio viterbese e, tra l’altro, s’impegnò personalmente per ottenere il riconoscimento statale dell’allora Libera Università della Tuscia.